sabato 21 agosto 2010

La legge salva-poltrone mette la pace nel Pdl

di Fabrizio Vinci

Il governo non sembra vicino alla crisi, infatti sono bastate lo spauracchio di elezioni a dicembre e una legge ad hoc che tutela le alte cariche istituzionali, per creare un clima di distensione nel centrodestra. Gianfranco Fini ed il suo gruppo hanno già mostrato la propria intenzione di confermare la fiducia nell’attuale esecutivo; di sicuro la legge tutela-poltrone avrà interessato, oltre che il Premier, anche il presidente della Camera, visto lo scandalo-tulliano.

Certo sembra strano che i due siano riusciti a ricucire, dopo tutte le invettive che si erano scambiati; direttamente o indirettamente. Tuttavia si avvertivano già segnali che stesse per scoppiare la pace nella coppia Berlusconi-Fini, entrambi infatti prima del vertice di venerdì sera, cercavano di smarcarsi dai loro stessi organi di stampa, rispettivamente: il Giornale e Farefuturo. Da ciò si deduce che era già in corso una trattativa pacificatrice tra i due leader del centro-destra.

Generazione Italia (organo di stampa ufficiale dei finiani) parla di futuro incerto, ma nel momento in cui Italo Bocchino, braccio destro di Fini, afferma che il il documento programmatico proposto dell’esecutivo è condivisibile al 95%, credo che non siano i margini per immaginare uno scenario politico diverso dalla fiducia. Inoltre è lo stesso Bocchino che parla di vittoria politica del presidente della Camera; se così fosse lo sconfitto sarebbe Silvio, il quale appare ben lungi dal capitolare.

giovedì 12 agosto 2010

Montecarlo e Arcore, la guerra dei dossier porta pace nel Pdl


Articolo originale su Unita.it


Lo scontro a colpi di richieste di dimissioni tra i berlusconiani più sfegatati e i finiani di stretta osservanza non si placa ma si fa strada nel Pdl e nel neonato gruppo di Futuro e Libertà un fronte di 'responsabili' che invita ad abbassare i toni e a cercare a settembre «un serio confronto nella maggioranza in termini di agenda di governo». E questo mentre l'opposizione su iniziativa del Pd prova a fare fronte comune contro Berlusconi.I primi a proporre la tregua sono i finiani del Senato che diffondono una nota a nome di tutto il gruppo Futuro e Libertà per invitare ad abbandonare le «polemiche sterili e dannose» di agosto e guardare a settembre che «deve essere il mese della responsabilità e dei fatti concreti, nell'interesse del Paese». Parole che vengono apprezzate dal presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, perché «lontane dai vaniloqui, dalle invettive e dalle boutade espressi da alcuni deputati del Fli». Il capogruppo del Pdl a Montecitorio definisce la mossa dei finiani a Palazzo Madama «costruttiva» e invita a non «sottovalutarla». Per il capogruppo dei finiani a Palazzo Madama, Pasquale Viespoli, è il segno di «un dialogo possibile» ma «reale e praticabile solo se si esce dal clima di aggressione mediatica».«L'articolo apparso quest'oggi su un quotidiano dove si prospetta un mio intervento con l'On. Bocchino volto ad evitare che i cosiddetti 'finiani', in reazione alla vicenda della casa di Montecarlo, attacchino mediaticamente il Presidente Berlusconi è non solo destituito di ogni fondamento ma palesemente risibile. Se fosse vero quanto sostenuto bisognerebbe ipotizzare che l'On. Bocchino sarebbe stato autore di una sorta di tentata estorsione, ovvero o smettete con Montecarlo oppure noi parleremo, e che per evitare il peggio il Presidente Berlusconi si sarebbe risolto, mio tramite, a miti consigli». Lo afferma Niccolò Ghedini in una nota. «Ovviamente così non è e l'articolo è frutto di totale invenzione. L'unico dato di fatto oggettivo in questa vicenda è rappresentato dall'apprezzabile documento di alcuni Senatori del centrodestra a cui il Presidente Berlusconi ha ritenuto di dare congrua risposta. È però ovvio che le successive dichiarazioni di taluni in particolare quelle dell'On. Granata pongono in serie difficoltà ogni dialogo, ancorchè dimostrino la profonda divisione fra i cosiddetti finiani. Ben vengano comunque richieste di approfondimento o di ulteriori verifiche su tutti gli argomenti indicati e che interesserebbero il Presidente Berlusconi. Come è noto sono tutti già stati ampiamente verificati dall'Autorità Giudiziaria competente e spesso oggetto di interrogazioni parlamentari del centrosinistra».«Basti ricordare a titolo di esempio - prosegue Ghedini - che per quanto riguarda la villa di Arcore, acquisto effettuato 40 anni fa, la stessa venditrice ne ha sempre ritenuto, e ciò ancora oggi, congruo il prezzo mentre per la sussistenza di asserite società off-shore l'indicazione è del tutto falsa. È evidente comunque che tutte le dichiarazioni in merito saranno oggetto di ulteriori e specifiche azioni giudiziarie e ciò anche a dimostrazione dell'assoluta tranquillità del Presidente Berlusconi che durante le trattative politiche non si occupa di problematiche proprie, ma del bene del Paese». «Agosto è il mese dei piromani e dei pompieri, al termine di questo mese mi auguro che abbiano vinto i pompieri per cui tifo e alla cui squadra mi iscrivo». Lo ha detto il ministro della giustizia, Angelino Alfano, ad Agrigento per complimentarsi con gli uomini della squadra mobile che hanno arrestato il boss Giuseppe Falsone, commentando l'attuale situazione politica e l'ipotesi di elezioni anticipate. «Per fortuna nel PdL sono tornate a volare le colombe. Ho molto apprezzato in questi giorni la moderazione e la saggezza del collega Silvano Moffa, il quale, in qualità di coordinatore dei gruppi parlamentari di Futuro e libert…, svolge un ruolo di primo piano ed è molto vicino al presidente Fini». Lo afferma in una nota Giuliano Cazzola, deputato del PdL e Vice Presidente della Commissione lavoro della Camera dei Deputati. «Ha fatto bene Silvio Berlusconi - prosegue Cazzola - ad apprezzare lo spirito costruttivo della dichiarazione dei senatori finiani. Si deve fare il possibile per ricucire lo strappo. Non si va da nessuna parte con la politica delle torte in faccia. La maggioranza ha ben governato il Paese durante anni terribili mentre l'opposizione sapeva soltanto balbettare. L'attuale crisi non dipende da motivazioni politiche serie e non presenta problemi che non siano superabili attraverso il confronto. Basta con la guerra dei dossier. È ora di ritrovare solidariet… ed amicizia. In politica - conclude Cazzola - non hanno cittadinanza i rancori personali». Tuttavia, si tratta di timidi segnali di tregua in quella che ancora oggi appare come una guerra senza esclusione di colpi. Il Giornale prosegue nella raccolta firme per le dimissioni di Gianfranco Fini da presidente della Camera, ma il capogruppo Fli a Montecitorio, Italo Bocchino, contrattacca: «Prima di chiederlo a Fini, dovrebbe essere Berlusconi a dimettersi, perché è sotto processo». Sandro Bondi lo accusa di essere in «estremo stato di confusione e di smarrimento». Ma la linea di Bocchino diventa un refrain ripetuto a turno da diversi esponenti finiani: Barbaro, Di Biagio, Angela Napoli, Bellotti, Valditara, Saia.Ma la controffensiva dei finiani non finisce qui. Il componente del Copasir Carmelo Briguglio risponde a tono all'attacco del Pdl sulla casa di Montecarlo appartenuta ad An, venduta a una società off shore e ora abitata dal cognato di Fini: «Berlusconi ha il dovere di dire agli italiani come acquistò la Villa di Arcore dove viveva insieme all'eroe Vittorio Mangano, come riuscì ad assicurarsi per soli 500 milioni di lire questo immobile di 3.500 metri quadri con terreni di circa un milione di metri quadri grazie al ruolo di Cesare Previti prima avvocato della venditrice e subito suo legale e uomo di fiducia».

venerdì 6 agosto 2010

Berlusconi prepara lo scontro di settembre

di Ninni Andriolo, articolo originale su Unità.it

Il chiarimento avverrà sulla «grande» riforma della giustizia che Berlusconi minaccia da mesi. E che verrà brandita come clava per costringere i finiani - contrari, ad esempio, al processo breve - «a venire allo scoperto» in Parlamento, dopo la pausa estiva. Il «predellino istituzionale» dovrebbe portare Berlusconi a mettere in moto il treno del voto anticipato. Con un discorso sull’uso politico della giustizia intorno al quale verificare i numeri della maggioranza e trarne le dovute conclusioni contro «gli irresponsabili» che provocano le elezioni. Il teatro di questo show potrebbe essere la Camera, dove la pattuglia finiana è più consistente e dove apparirebbe più evidente un eventuale smarcamento dal «patto» con gli elettori.

Il tutto per chiarire davanti agli italiani a chi andrebbe attribuita la responsabilità di «stracciare» il programma di governo. Di questo si è ragionato ieri, tra un vertice e l’altro, a Palazzo Grazioli dove si pianifica «entro agosto» quella che Verdini definisce «la riorganizzazione» del partito. Un restyling per il quale sono stati mobilitati - tra gli altri - Giorgia Meloni, Mario Valducci e Osvaldo Napoli. Si procede a tappe forzate, quindi, mettendo nel conto la variabile elettorale. Lo conferma Paolo Bonaiuti. «Nel momento in cui è avvenuto il distacco da parte di una componente della maggioranza - spiega - il premier ha avvertito tutti, “state pronti per possibili elezioni”». Berlusconi rispolvera l’idea del solenne discorso su politica e giustizia che avrebbe voluto pronunciare nei giorni scorsi in Senato e che saltò dopo lo strappo con i finiani: Pd, Udc e Idv lo diffidarono dal divagare su altro mentre il governo era virtualmente «in crisi»

Mostrare al Paese la volontà riformatrice del Cavaliere di fronte alla «zavorra conservatrice dell’opposizione» e all’incoerenza di Fini. Questo l’obiettivo del «predellino istituzionale». Si vedrà se il disegno verrà realizzato: l’azzardo fa parte da sempre del gioco del Cavaliere, ma Fini si è mostrato attento alle imboscate. La sfida punta a lasciare nelle mani del «cofondatore ripudiato» il cerino della fine traumatica della legislatura. Uscendo dall’ennesimo vertice di ieri tra Berlusconi, capigruppo e coordinatori, Maurizio Gasparri ha spiegato che la maggioranza (che non c’è più) continuerà «a lavorare» come ha fatto «in questi due anni per attuare il programma». Se qualcuno si dovesse sottrarre a questo impegno, ha avvertito il capo dei senatori Pdl - alludendo a Fini - «si assumerà delle responsabilità che porterebbero il Paese ad elezioni». E La Russa: «Vogliamo continuare a lavorare - fa eco - Ma se non sarà possibile andremo al voto». Tutto qua per i convitati a ciclo continuo nella residenza romana del Cavaliere. Un altro Pdl, Mario Landolfi, cerca invece di separare la propaganda dai tatticismi e dalla politica,

Per l’ex ministro delle Comunicazioni, provenienza An, è inevitabile «un’accelerazione» verso le elezioni anticipate. Il caso Caliendo, infatti, ha messo in evidenza che alla Camera non c’è più una maggioranza, ma «tre minoranze»: Pdl-Lega; area di «responsabilità» Casini, Rutelli, Fini; opposizione Pd-Idv. Una ricomposizione tra cofondatori? Un «patto di legislatura» che faccia nascere un nuovo equilibrio intorno a una diarchia? Landolfi lo esclude. «Il Pdl è un partito a trazione carismatica - spiega - E il carisma non si divide». Al voto, quindi, come unica «alternativa». Berlusconi, tra l’altro, ha incassato il via libera della Lega passata dal «no» a dito medio di Bossi al «sì» meno colorito, ma utilissimo al premier. «Il voto non ci spaventa», annuncia il Senatur, mentre un esecutivo di transizione creerebbe «caos nel Paese». Tremonti, tra l’altro, non «accetterebbe» di guidarlo perché «non è mica scemo». Nel Pdl, però - da Letta in poi - c’è chi ricorda al Cavaliere, che le prerogative del Capo dello Stato non possono essere dimenticate. Mentre Berlusconi è certo che qualunque alternativa di governo alla via maestra delle elezioni non avrebbe maggioranza al Senato. Il «predellino» parlamentare sulla giustizia, quindi. E ieri 14 associazioni Pdl hanno presentato il convegno su «Libertà, legalità e garantismo» che si svolgerà a settembre contro i «settori della giustizia politicizzata e della politica opportunisticamente giustizialista». Gli stessi contro i quali punterà il dito Berlusconi dal suo «predellino» parlamentare.

lunedì 12 luglio 2010

La ministra Meloni contro il Pdl: "Cattivi con me"


Per giorni non ha parlato. È rimasta in silenzio, ha preferito evitare le polemiche. Poi è andata dai ragazzi, i suoi ragazzi che avevano organizzato il Campo Cyrano in penisola sorrentina. E qui, lontano da Roma e dalle polemiche di questo giorni s'è lasciata andare. Uno sfogo in piena regola quello di Giorgia Meloni al termine di una settimana che ha visto lo scontro violento sul suo disegno di legge sulle comunità giovanile. La ministra della Gioventù è finita sotto il tiro incrociato dell'Italia dei Valori (con rissa finale) e delle critiche provenienti dal suo partito: Martino, Mussolini, Barbareschi in testa. Ma anche Di Girolamo e Perina. La Meloni così passa all'attacco e con voce un po' rotta dall'emozione racconta (mentre è stato azionato un microfono) gli ultimi giorni: «Mi sono interrogata molto su quello che è accaduto perché è stato un fulmine a ciel sereno».


Ripercorre i passaggi istituzionali, il dibattito con i ministri, le Regioni, il partito, in Commissione. Si ferma, deglutisce. E riprende il racconto: «Poi è accaduto qualcosa di strano in Aula con un atteggiamento da parte delle forze di minoranza molto costruttivo, il centrosinistra non era favorevole ma aveva lavorato per migliorare. L'Udc aveva dato una disponibilità e era sostanzialmente favorevole al provvedimento: ha votato contro la sospensiva chiesta dall'Italia dei Valori e il Pd si era astenuto». Poi, mentre sembrava regnare un clima sereno, la sorpresa. «È accaduto invece che alcuni esponenti del Pdl abbiano dato vita a un'opposizione molto forte» dice la Meloni. Che si ferma. Aggiunge: «Molto cattiva». «Ci sarebbero tante cose da dover dire su quelli che hanno fatto questa opposizione - spiega la titolare della Gioventù - perché sono motivazioni diverse che spingono singoli soggetti. In realtà noi parliamo di una minoranza rumorosa mentre la stragrande maggiorana del Pdl stava votando serenamente il provvedimento come quando si fa gioco di squadra».


Mette subito in chiaro: «Non farò nomi e cognomi, ognuno ha le sue motivazioni e quasi mai sono motivazioni ideali. In alcuni casi sì, c'è chi ha un'impostazione culturale diversa dalla mia ma siamo a una parte poco consistente di questa storia». Comincia ad alzare la voce e passa all'attacco: «Mi interessa a un'altra questione. Siccome trattavamo di una questione che viene considerata sacrificabile dalla politica, cioé le giovani generazioni, è il classico disegno di legge sul quale ciascuno pensa di sfogare tutte le proprie difficoltà, tutte le proprie insoddisfazioni. È quello che è accaduto in Aula fino di fatto a tentare di bloccare il provvedimento». S'inalbera, urla ai suoi ragazzi: «Mi prendo la responsabilità. Questa legge la portiamo a casa, fosse l'ultima cosa che faccio». Partono gli applausi, i giovani del campo si scaldano e lei si fa prendere la mano. Riattacca: «Non la portiamo a casa perché è una battaglia storica di un certo mondo. Noi la portiamo a casa perché un certo mondo ha fatto quella battaglia storica perché era giusta. Qui non è che stamo a ffa' 'na battaglia sentimentale».


Ancora applausi, la Meloni non molla: «Credo davvero che le comunità giovanili possano essere una risposta seria, credibili, la prima data nella storia della Repubblica dalle istituzioni al grande tema del disagio giovanile. Tutti dicono che se ne interessano e poi se ne fregano». Tende la mano ai critici assicurando che «ci sono dei margini». Ma avverte: «Le tante dietrologie sono venute fuori perché oggi può sembrare strano che uno faccia qualcosa solo perché lo considera giusto, è la sfida delle idee che diventano azioni». Infine conclude: «Qualcuno ha detto che non ha senso spendere 12 milioni di euro per i giovani. E qui c'è una grande questione culturale e politica. Io penso che invece ne valga la pena perché mi pongo il problema di che cosa lascerò dopo di me. E non me ne frega niente se questo mi porterà più o meno voti».


Articolo originale su www.iltempo.it